di
Nino Barberis
( Cronaca Filatelica - Febbraio 1999 )
Allora siamo a cavallo! Batto da oltre trent'anni il marciapiede della filatelia giovanile, ma non ho mai visto il problema così,vicino alla sua risoluzione.
Almeno questo mi sembra di capire leggendo le dichiarazioni del rappresentante del ministero della Pubblica istruzione al 34° Congresso filatelico italiano, tenutosi a Ravenna il 27 settembre scorso, al quale non ero presente.
Confesso tuttavia che il linguaggio, di chiara ispirazione politichese, con il quale il problema è stato presentato, in certi passaggi, mi spaventava un po'. Quando sento parlare degli «spazi normativi nell'ambito della scuola dell'autonomia» o sento chiedere «quale grado di trasferibilità formativa hanno le competenze specifiche della filatelia?», sinceramente mi sento spiazzato. Il discorso si sta spostando su una fascia culturale di livello per me inaccessibile, che però mi fa paura. Non vorrei che si complicassero anche le cose semplici, che sono le prime da risolvere.
Nelle conclusioni si è prospettata la costituzione di un centro filatelico presso ogni «consulta studentesca» (a carattere provinciale) con uno spazio aperto sulla rivista federale per interventi sull'argomento. Il Presidente ha dichiarato la piena disponibilità della Federazione. .
In una chiacchierata, molto meno formale, a Cesena, la scorsa primavera, si era parlato di un inserto dedicato alla filatelia giovanile sull'organo filatelico federale. Lo spazio, quindi, è stato predisposto; gli argomenti da discutere ci sono (il funzionario ministeriale ha messo sul tappeto almeno otto interrogativi). Si tratta ora di approfittare di questa incredibile — e per me insperata — apertura della «Scuola» per aprire un varco, non più isolato ed occasionale, ma con beneplacito ufficiale, affinchè la filatelia possa diventare familiare per uno sterminato numero di ragazzi.
Alcune delle domande — le più semplici — poste sul tappeto, a mio parere, possono trovare risposte abbastanza immediate. Può anche darsi che già sia stata data una risposta nello stesso Congresso, negli eventuali interventi dell'uditorio, ma vorrei approfittare della fortunata disponibilità di questa pagina per azzardare quelle che sarebbero le mie risposte, anche se non richieste.
Vorrei dire la mia sulla domanda «Può la filatelia motivare e sviluppare conoscenze culturali nei diversi ambiti?».
Quando cominciammo a parlare di «Filatelia e Scuola» su questa rivista, con una documentata inchiesta (vedi numero 47, novembre 1980) tirammo fuori anche dei precedenti risalenti a decenni prima, tutti ispirati alla convinzione — ampiamente dimostratasi esatta in tutti i casi in cui fu possibile realizzare qualche cosa — che la filatelia può esercitare una funzione formativa sui ragazzi di tutte le età. Io stesso ho usato innumerevoli volte l'espressione «formativa», cercando anzi di non abusarne per non far puzzare troppo di «scolastico» le mie proposte. Penso proprio che già in partenza chi di dovere potrà agevolmente dimostrare alle autorità scolastiche, se sarà necessario, che la filatelia è effettivamente in grado di «motivare e sviluppare conoscenze culturali nei diversi ambiti». Se non fossimo in grado nemmeno di dimostrare questo, anche questa opportunità, a mio parere, cadrebbe prima ancora di poterla sfruttare. Perché non potremmo certamente dimostrare che il francobollo può diventare oggetto di «cult» giovanile. I francobolli non sono mica le telecarte! Erano un «cult» quando io ero ragazzo e questa espressione ancora non esisteva. Allora! francobolli si scambiavano come le figurine, proprio come adesso si scambiano le telecarte. Io non azzardo giudizi,ma la continuità di certi «cult» (espressione della quale mi pare si stia abusando) è ancora da dimostrare. Per sua definizione la filatelia è sempre stata una passione meno virulenta ma continuativa, che quando mette radici è difficile da estirpare. Personalmente preferirei vedere i ragazzi che imparano a diventare bravi filatelisti,capaci di continuare anche quando l'età dei «cult» giovanili sarà passata, piuttosto che dei giovani fanatici per un oggetto di moda, che si raccoglie solo perché lo raccolgono gli altri del branco.
Che la scuola possa contribuire alla diffusione della filatelia, poi, mi sembra addirittura scontato, se non ovvio. Stiamo andando da decenni a battere alle porte della Scuola, proprio perché siamo sicuri che essa può contribuire come niente altro alla diffusione della filatelia, per la sua base numerica e per il calcolo delle grandi cifre. Se seminiamo fra mille ragazzi, abbiamo la probabilità che ne rimangano nel giro alcune decine; se seminiamo fra centinaia di migliaia, dovrebbero essere migliaia quelli che continueranno.
Insomma, anche se, almeno per me, vi sono spazi nebulosi nelle dichiarazioni programmatiche (se tali sono) del rappresentante del ministero della Pubblica istruzione, vi trovo anche punti fermi sui quali si può cominciare a lavorare. D'altra parte è inutile mettere troppa carne al fuco tutta di botto: vorrei vedere dove si troverebbero le risorse umane per alimentare un'azione costruttiva se si riuscisse a decollare contemporaneamente in tutte le province. Io mi accontenterei della ufficializzazione chiara e inequivocabile di questa disponibilità della Scuola nei confronti della filatelia, in maniera che, dove riuscissero a stabilire gli opportuni contatti, i Circoli locali potessero lavorare senza ostacoli. Un risultato del genere, per me, vorrebbe già dire «essere a cavallo». Il resto dipenderà esclusivamente da noi,cioè dalla filatelia e dai francobolli. Ci troviamo forse di fronte ad una svolta molto importante, che in pochi anni potrebbe cambiare il quadro della filatelia giovanile del nostro Paese. Stiamo a vedere.
"Dal 34° Congresso filatelico sono scaturite concrete premesse per un impegno della Scuola nella diffusione della filatelia : è una svolta molto importante. Il resto dipenderà esclusivamente da noi, cioè dalla filatelia e dai francobolli "
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