Il
pensiero di Gandhi
si basa su tre punti fondamentali:
Autodeterminazione dei popoli : Gandhi riteneva fondamentale il fatto che gli indiani potessero decidere come governare il loro paese, perché la miseria nella quale si trovava dipendeva dallo sfruttamento delle risorse da parte dei colonizzatori britannici.
Nonviolenza
:
è necessario precisare che tale precetto non si ferma ad una posizione
negativa (non essere causa di male agli altri) ma possiede in sé la carica
positiva della benevolenza universale e diventa l’”amore puro”
comandato dai sacri testi dell’ Induismo, dai Vangeli e dal Corano. La
nonviolenza è quindi un imperativo religioso prima che un principio
dell’azione politico-sociale.
Il Mahatma rifiuta la violenza come strategia di lotta in quanto la violenza
suscita solamente altra violenza. Di fronte ai violenti e agli oppressori,
però, non è passivo, anzi. Egli propone una strategia che consiste nella resistenza
passiva, il non
reagire, in altre parole, alle provocazioni dei violenti, e nella disobbedienza
civile, vale a
dire il rifiuto di sottoporsi a leggi ingiuste.
“La mia non-cooperazione non nuoce a nessuno; è non-cooperazione con il
male,… portato a sistema, non con chi fa il male” (Gandhi,
Gandhi Parla di Stesso,
p.128).
Tolleranza religiosa : ”… il mio più intimo desiderio” dice Ghandhi “… è di realizzare la fratellanza … tra tutti gli uomini, indù, musulmani, cristiani, parsi e ebrei” . Gandhi sognava la convivenza pacifica e rispettosa dei tantissimi gruppi etnici e delle diverse professioni religiose presenti in India. Queste erano delle ricchezze che dovevano convivere e non dividere politicamente la nazione. Purtroppo, gli eventi non andarono come sperava Gandhi.