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6° Centenario della morte di
Giovanni B
OCCACCIO
Ninfale fiesolano
Giovanni Boccaccio è ricordato dalla letteratura mondiale tra i maggiori scrittori e poeti italiani del 1300 dai
cui scritti ancora oggi molti letterati e artisti prendono ispirazione. La sua prosa, scritta nel gentile linguaggio
italico dell’epoca, oltre a storie colte, dramatiche ed eroiche, tratta spesso di vicende comiche, di beffe, di
intrighi e di storie amorose che non si discostano molto da quelle di ogni tempo.
Nacque forse a Firenze nel 1313, figlio illeggittimo del banchiere Boccaccio di Chiellino e fu inviato dal padre
per impratichirsi del mestiere a Napoli, dove invece di dedicarsi al lavoro a cui era destinato, si applicò agli
studi di letteratura. Frequentò in questa città la colta corte angioina e s’innamorò di una gentildonna che
avrebbe celebrato nei suoi scritti sotto il nome Fiammetta. Dal 1340, tornato a Firenze, si occupò di incarichi
pubblici che gli permisero di applicarsi ancora alla letteratura e allo scrivere. Frequentò e divenne molto amico
di Petrarca, col quale per un periodo collaborò nella ricerca di testi e codici latini e greci, e dal quale nel 1362
fu dissuaso dal distruggere le opere letterarie scritte fino a quel momento perchè preso da una crisi religiosa.
Ritiratosi a Certaldo, vicino a Firenze, passò i restanti anni della sua vita in povertà, ancora impegnato a
scrivere e a leggere in pubblico la Divina Commedia di Dante o gli scritti di altri autori dell’epoca. Morì a
Certaldo nel 1375 senza celebrazioni, sofferente e in miseria.
Fu scrittore prolifico specialmente da giovane e nella maturità : al periodo napoletano (1334/1340), risalgono
la prima stesura delle “Rime”, il poemetto mitologico “ Caccia di Diana”, il romanzo in prosa “Filoloco” ed
altre opere più brevi, mentre al periodo fiorentino (1349/1355) appartengono “Il ninfale d’Ameto”, i poemi
“Amorosa visione” e “Ninfale fiesolano”, il romanzo “Elegia di Madonna Fiammetta”, in ricordo del suo
grande amore giovanile, ed il “Corbaccio”, una satira in prosa contro il mondo femminile. E’ di questo periodo
la sua opera più nota, il “Decameron”, scritta tra il 1348 ed il 1753, che è considerata da molto tempo un
capolavoro della prosa italiana del 1300.
Questo testo contiene 100 novelle narrate a turno in 10 giorni da 10 giovani
(7 donne e 3 uomini) rifugiatisi in una villa per sfuggire alla peste che affliggeva
Firenze nel 1348, in cui prevalgono umorismo, comicità ed una forte aderenza
alla realtà quotidiana.La prosa fluida, armoniosa e piacevole di questa opera fu
studiata ed imitata, ma mai uguagliata, da numerosi scrittori fino al 1700. Nel
periodo successivo alla sua crisi religiosa (dopo il 1362) i suoi scritti subirono
l’influenza della sua conversione spirituale : Boccaccio si dedicò infatti a scritti
eruditi, in latino, come il trattato di mitologia ”De genealogiis deorum
gentilium” e a studi danteschi, come il “Trattatello in laude di Dante”. Tra gli
scrittori del lontano passato italiano,Boccaccio è quello che oggi forse incontra
ancora il favore del lettore medio italiano colto,non solo per i temi e le passioni
oggetto della sua attenzione, ma sopratutto per il modo con cui si esprime la sua
prosa e con cui fluisce la narrazione.

 

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